Indispensabile
article | Tempo di lettura5 min
Indispensabile
article | Tempo di lettura5 min
Nel suo castello dai mille ritratti, il conte Roger de Rabutin crea una vera e propria enciclopedia del genere se non addirittura un Facebook ante litteram! Che ne dite di immergervi nei social network del nostro sfavillante borgognone?
Rifiutandosi di cadere nell'oblio durante il suo esilio, Roger de Bussy-Rabutin crea nella sua dimora una specie di Who’s Who della sua epoca, ma soprattutto un inventario del ritratto come genere pittorico.
Così, al piano nobile si trovano:
©Base Regards / Centre des monuments nationaux
Roger de Rabutin arreda i suoi interni in un'ottica ben precisa: ricreare l’universo della Corte francese da cui è stato scacciato. Rifiuta l’oblio e cerca di consolarsi appendendo alle pareti del piano superiore i ritratti dei personaggi più influenti. In questo modo, riesce nell'impresa di evocare e ricreare l'atmosfera della Corte nella sua dimora borgognona.
La quantità prevale sulla qualità: nessun quadro è firmato né reca nomi di artisti famosi. C'è stato sicuramente l'intervento di un'importante bottega locale a cui si è rivolto durante i suoi diciassette anni di esilio. I pittori ingaggiati non hanno mai visto le persone che rappresentano: si basano su incisioni, più o meno veritiere e di qualità più o meno buona (come il quadro di Madame de Montespan, nella camera di Bussy, in basso a sinistra del camino, che la rappresenta in modo sfavorevole). Si tratta di copie di copie, che rafforzano l'impressione di déjà-vu che si può provare osservando queste pareti ricoperte di effigi.
Un'omogeneità di stile che si percepisce per esempio nei ritratti dei militari o delle amanti reali i cui volti sembrano identici.
Solo le dame della Torre dorata si distinguono da un punto di vista estetico: sappiamo da fonti attendibili che i loro ritratti sono stati realizzati da alcune botteghe di Versailles. Infatti, chi la fa l'aspetti! Per ottenerli dalle sue «belle amiche» (come le chiama lui), Roger de Rabutin informa la più grande pettegola della Corte (di cui ovviamente non cita il nome!) che sta arredando uno splendido studio in cui esporrà i ritratti delle donne che avranno la gentilezza di inviarglieli. Il che è assolutamente falso, ma tutte queste signore cadono nel tranello, si fanno ritrarre e gli offrono gratuitamente il loro ritratto! Il conte, d'altra parte, rimane fedele alle sue buone vecchie abitudini: sotto ogni quadro fa scrivere delle frecciatine!
© Reproduction Hervé Lewandowski / CMN
L'obiettivo del conte è quello di ricreare il suo ambiente perduto, la società in cui, fino a poco tempo prima, era di casa.
Il piano superiore è una specie di Who’s Who del Seicento; lo si potrebbe addirittura paragonare alla sua bacheca Facebook, un paragone rafforzato dalle frasi più o meno caustiche che Roger de Rabutin ha fatto scrivere sotto i ritratti.
Così, non resiste al piacere di fustigare la sua ex amante, Isabelle Cécile Hurault de Cheverny, marchesa di Montglas ,
«la cui incostanza ha restituito onore alla matrona di Efeso, alle donne di Astolfo e Giocondo»!
Essendo queste illustri signore le più grandi infedeli dell'antichità, il conte sottintende che nessuna donna è migliore di un'altra.
E che dire del personaggio principale della Storia amorosa delle Gallie: afferma che Catherine d’Olone (nome in codice: Ardelise) è
«la donna più bella del suo tempo, ma meno famosa per la sua bellezza che per l'uso che ne faceva»!
La sua verve non risparmia nemmeno i suoi familiari: così, suo fratello Guy de Rabutin «aveva una linea un po' sciupata»...
© David Bordes / Centre des monuments nationaux
Nelle stanze del suo castello, come in un fumetto autobiografico, Roger de Rabutin mescola con brio ritratti pittorici e ritratti letterari.
Così facendo, rende un duplice omaggio ai vari personaggi che adornano le sue pareti poiché, sotto il ritratto pittorico, li dipinge con una penna pungente, conferendo un colore, un sapore unico, l'impressione che alla fine lui sia ancora lì, pronto a farci scoprire e familiarizzare con persone scomparse diversi secoli fa!
© Colombe Clier / Centre des monuments nationaux